Prediligo una cucina che utilizzi materie prime di stagione, assolutamente di qualità, ma senza eccessi e credo che in ogni piatto debba essere chiaro l'ingrediente principe, sia visivamente che a livello sensoriale. non amo le stratificazioni o l'uso indiscriminato di salse e salsine.
Fondamentale l'aspetto estetico di ciò che arriva in tavola, perchè una pietanza si assume in una sequenza che prevede l'occhio prima di tutto, poi il naso ed infine il palato e nessuno dei tre sensi deve essere deluso.

lunedì 9 aprile 2012

"savoiarda" o "sabauda" ???

"savoiarda" o "sabauda"...??? non so decidere....
la mia personalissima versione  di "pastiera napoletana", trasformata in "pastiera savoiarda" a seguito della sostituzione della ricotta in favore della nostrana "robiola" è stata una follia creativa riuscitissima e potrei persino brevettarne la ricetta! Rimane ancora aperto però il dilemma sull'aggettivo più appropriato: "savoiarda" o "sabauda" ???
Attendo commenti e opinioni in merito.

venerdì 6 aprile 2012

la mia "pastiera" ... inaspettatamente insolita

officina gastronomica

pastiera "savoiarda"

E' stato dopo un romantico WE lungo col mio fidanzato, tra Napoli e Sorrento, che ho adottato la "pastiera napoletana" come dessert per chiudere il mio pranzo di Pasqua e/o Pasquetta in famiglia...
Un dolce tradizionalmente legato al pranzo della Domenica di Pasqua - a Napoli e dintorni - di origini antichissime e facente parte di quel gruppo di ricette che, essendo appannaggio del popolo, si sono tramandate all'interno delle singole famiglie con le inevitabili sfumature. 
Così come tantissimi altri piatti della cucina popolare del territorio, ne esistono infinite versioni che si discostano le une dalle altre per quantità e varietà degli ingredienti (più o meno uova, canditi di una o più qualità), ma sostanzialmente il risultato è sempre quello di una torta "ricca" di sapore,  morbida al palato, i cui ingredienti appunto richiamano il ritorno della primavera: uova, grano, ricotta, fiori d'arancio, zucchero e spezie... tutti simboli di vita, fertilità, e ricchezza della natura.
Non si hanno notizie precise e documentabili sull'origine temporale di questa preparazione dolciaria; di certo si sa che le suorine del convento di San Gregorio Armeno a Napoli, erano maestre nella preparazione della pastiera e proprio in quel territorio, non c'è padrona di casa o massaia che non abbia la sua "versione autentica"...
Quindi se intendete cimentarvi nella realizzazione di questo dolce, armatevi di santa pazienza, leggete chilometri di opinioni e ricette sul Web, sui libri firmati dai Grandi Maestri Pasticceri (De Riso e compagni...) o magari su vecchi libri trovati a casa della nonna e poi decidete il vostro personale bilanciamento di ingredienti.
Di certo c'è che esistono due scuole di pensiero riguardo alla presenza o meno della Crema Pasticcera nell'impasto che costituisce il ripieno del guscio di Pasta Frolla, cosa che fa variare il numero delle uova che si miscelano alla ricotta, che dovrebbe essere di pecora, e al grano cotto che doveva essere cotto secondo un metodo tradizionale (e tanto tempo a disposizione) e che oggi si sostituisce con quello comprato nel vaso di vetro al supermercato ( sacrilegio!!! inveiranno i puristi...). Sembra che a Salerno, così come in altre città del territorio napoletano, esistano ancora rari pasticceri che vendono il grano cotto secondo il metodo antico, ma per chi abita al Nord non c'è scampo.
Altro punto fondamentale del "rito" della preparazione è legato ai tempi di esecuzione: infatti va confezionata con un certo anticipo, non oltre il Giovedì o il Venerdì Santo, per dare modo a tutti gli ingredienti e alle spezie di bene amalgamarsi in un unico ed inconfondibile sapore. Ma il rito della pastiera era anche quello di portare i dolci confezionati nelle teglie tonde di metallo a bordo alto  (i "ruoti"),  al forno comune per la cottura, nonna, mamma e figli al seguito... oggi ci dobbiamo "accontentare" del nostro forno di casa a scapito dell'inconfondibile sapore del cibo cotto a legna...

Ed ora, se ancora avete pazienza di leggermi,  vi racconto com'è la "mia vera ed autentica pastiera piemontese"!!!!...
Procuratevi una teglia (28/30cm di diametro) rotonda col bordo più alto di quelle che si usano per le crostate (direi 2/3 dita per usare una misura non proprio convenzionale"); dovrebbe essere di metallo, ma personalmente ne utilizzo una di porcellana che possa andare direttamente in tavola (ed essere all'altezza degli addobbi della tavola pasquale) perchè la pastiera è difficilmente sformabile senza rischiare crepe o rotture.
Almeno un giorno prima della cottura preparate la pasta frolla (il termine "pastiera" significherebbe appunto "pasta di ieri") che lascerete riposare in frigorifero, debitamente sigillata.
Il giorno della cottura invece ci si dedica al ripieno facendo cuocere il grano (già cotto) del barattolo che avrete comprato al supermercato, con il latte, lo zucchero, la scorza di arancia e  di limone bio, il burro e la vaniglia, per almeno una decina di minuti fino ad ottenere un composto "cremosamente legato" che andrà raffreddato totalmente.
Per la versione "sorrentina" si prepara anche una crema pasticcera tradizionale con tuorli montati con lo zucchero, addizionati di farina e latte e portata sul fuoco fino al suo addensamento. Anche la crema andrà raffreddata totalmente.
...ed a questo punto la S O R P R E S A !!!!... che ho elaborato, quasi casualmente, in un guizzo di follia creativa (e necessità impellente). Come dice il proverbio "necessità fa virtù"... in breve, è successo che, pur avendo cominciato per tempo il complicato processo di reperimento materie prime, che nell'imminenza delle festività diventa un vero percorso ad ostacoli, non sono riuscita a trovare la ricotta di pecora...c'erano capre e mucche disponibili, ma niente pecore benchè io abiti in campagna ed abbia a disposizione mercati rionali con produttori locali e non...fatto sta che non si può fare la pastiera senza ricotta di pecora e usare quella di mucca mi sembrava condannare la mia torta all'anonimato, cosa che avrebbe colpito profondamente il mio orgoglio di cuoca... e così l'illuminazione...

(fate un respiro profondo)
Ho deciso di sostituire la ricotta di pecora con una cremosa e gustosa robiola, formaggio piemontese di origini medioevali, commercializzata in una versione morbida e spalmabile (quella che userò io) ed una più consistente, in forma, che si fregia della DOP (Robiola di Roccaverano AT).
Ho quindi  preso la mia robiola e l'ho lavorata a crema con la zucchero (così come avrei dovuto fare con la ricotta), l'ho amalgamata con il composto di grano, canditi e spezie, poi con la crema pasticcera e quindi "alleggerita" con gli albumi montati a neve fermisssssssssima che vanno incorporati con delicatezza (movimento dal basso verso l'alto). Ed ecco pronta la farcia!
Non rimane che assemblare il tutto secondo il metodo tradizionale: Si stende la pasta frolla sulla carta da forno e si fodera la teglia, rifilando i bordi; si riempie con la farcia e si decora con strisce di pasta ricavate dalla rifilatura dei bordi.
Per la cottura si passa in forno già caldo, a 180°C per un tempo variabile tra un'ora e mezza e due ore, essendo differente la resa calorica di ciascun forno; dovrà avere un bel colorito ambrato ed essersi rappresa internamente. 
So bene chi vi sembrerà un tempo infinito, ma si sa che per certi capolavori ci vogliono pazienza e dedizione... sarete ripagati dall'espressione gustosamente sognante dei vostri fortunati commensali.
Non rimane ora che metterla da parte e dimenticarsela fino al fatidico giorno di Pasqua o Pasquetta, giorno in cui scoprirete (e SCOPRIRO') il sapore di tanta ardita follia creativa!!!! ... una PASTIERA SAVOIARDA!

Segue dettaglio ingredienti:
pasta frolla:
500gr. farina 00
200gr. zucchero semolato
200gr. burro
2 tuorli + 1 uovo intero
scorza di limone e/o arancia

crema pasticcera
50gr. zucchero semolato
2 tuorli
50 gr. farina 00
200gr. latte caldo

farcia di grano cotto
580gr. grano cotto (scolato e sciacquato)
100gr. latte
1 cucchiaio zucchero semolato
scorza limone/arancia

300gr. ricotta di pecora (o robiola morbida) 
150gr. zucchero semolato
2 tuorli
70gr. canditi misti (cedro, arancio, zucca)
2/3 cucchiai di acqua di fiori d'arancio
vaniglia e cannella QB

 



venerdì 23 marzo 2012

23 marzo 2012...oggi è un giorno speciale

 luca sei grandeeeeeeeeeee!!!!!!!! 
(laurea magistrale in ingegneria gestionale al Politecnico di Torino del mio "nipotino")

martedì 20 marzo 2012

bentornata Primavera, benvenuta Officina Gastronomica


Pubblico questo mio blog quasi casualmente il primo giorno di Primavera...in una giornata tipicamente primaverile di sole incerto ed altalenante...un timido inizio di stagione ed un ancor più timido ingresso della sottoscritta nel mondo dei blog.
Per inaugurare l'evento ed aprire le porte del blog ad utenti curiosi ed appassionati, pubblico un piatto, unico protagonista della cena di stasera, cucinato in meno di 15 minuti, che sono sicura sarà gradito a tanti di voi, per il gusto e per la velocità di esecuzione, senza nulla togliere - s'intende - alla piacevolezza estetica.
Come anticipato, ecco un piatto realizzato con pochi ingredienti "pescati" nel freezer di casa (lezione nr.1: avere sempre una dotazione di base di ingredienti semplici ed intercambiabili, nel freezer e nel frigorifero...vi risolveranno cene e pranzi "al volo"). Pochissimini minuti di preparazione ed un pizzico di fantasia creativa, complice il fatto che vivo in campagna e da pochi giorni i prati ghiacciati dalla disastrosa nevicata di febbraio e dai venti siberiani, si sono riempiti di primule gialle selvatiche e violette...
Perdonerete la mia imperizia in  termini di qualità fotografica...ma devo imparare e attrezzarmi...
padellata di merluzzo, codine di marzancolle e violette selvatiche

ingredienti:
filetti di merluzzo un po' spessi
codine di marzancolle vendute già cotte a vapore 3/4 a testa
vino bianco secco
latte
prezzemolo
olio
pepe rosa
farina bianca

per le dosi e le proporzioni, vi potete regolare tranquillamente "ad occhio" secondo la vostra quota di fame.

L'esecuzione è assolutamente elementare e segue il principio della cottura delle "scaloppine".
mettete a scaldare una padella antiaderente (ceramica o pressofusione a fondo spesso) con olio EVO e se gradite uno spicchietto di aglio che andrà tolto dopo un minuto, giusto il tempo che insaporisca l'olio senza cedere il ben noto puzzo di aglio cotto.
Nel frattempo infarinate i filetti di merluzzo e li passate nell'olio caldo, prima da un lato, poi, fatta la crosticina, dall'altro lato.
Sfumate con un del vino bianco che dovrà essere abbondante al punto giusto per formare un sughetto denso, legandosi con la farina dei filetti. Aggiungete un poco di latte.
Questa fase durerà appena pochissimi minuti, giusto il tempo di cuocere il merluzzo senza farlo diventare stopposo.
Aggiustate di sale, pepe rosa e prezzemolo e aggiungete le marzancolle che cuoceranno appena il necessario per andare a temperatura ed insaporirsi nel sughetto.
Prima di portare in tavola fate cadere a pioggia le violette che sono edibili, che non si possono lavare e della cui "pulizia" dovete essere certe...niente gatti in giardino per intenderci!
Buon appetito a Voi e Buon primo Post a me!!!!!!!